L’Orlando furioso, dopo un primo momento di straordinaria fama, scomparve dalle scene per lasciar posto all’ultima edizione del 1532, con l’aggiunta di sei canti e «risciacquata in Arno»; questa – che ebbe un immensa fortuna – non è, se non nei personaggi e nella storia, una nuova versione della prima, essendo totalmente diversa nell’impianto e nella lingua: è un nuovo libro. E che ne fu di quel primo Furioso che in questi anni di riscoperta e di edizione critica ci siamo abituati a chiamare affettuosamente «l’Orlando ferrarese»? Scomparve, e la sua sopravvivenza è testimoniata da dodici esemplari sparsi in tutto il mondo che il curatore con pazienza ed entusiasmo ha compulsato di persona. Oltre al resoconto delle avvincenti vicende di alcuni esemplari scomparsi, di particolare interesse è quello che riguarda Ariosto in tipografia, che segue di persona e controlla ogni pagina che esce dalla stamperia ferrarese di Giovanni Mazocco; suggerisce come vanno scritte le parole e infine tenta di rendere reale il sogno di ogni autore: che l’opera a stampa sia la più aderente al manoscritto, anzi, che superi il manoscritto in perfezione formale. Ciò induce il curatore a conservare la grafia originale, permettendoci di accertare una qualità linguistica assolutamente diversa da quella patinatura toscana che avrà la più fortunata edizione del 1532. Ecco perché i due ‘Orlandi’ sono opere diverse e non invece varianti di uno stesso poema. La forza di questa edizione sta proprio nel confermare coraggiosamente che l’Orlando ‘ferrarese’ ha una sua poeticità diversa che nel nostro tempo può essere (forse) più apprezzata per i suoi regionalismi, per la sua sanguigna carica vitale non stemperata dal decoro formale dell’ultima veste.
Il volume esprime lo sforzo scientifico più complesso affrontato dall’Istituto di studi rinascimentali di Ferrara.